La famiglia Visconti è una delle più antiche dinastie d’europea attestata sin dalla fine del X secolo nel territorio dell’Italia settentrionale, dove fu infeudato l’omonimo Ducato Visconteo con capitale Milano.
I Visconti governarono Milano durante il Medioevo e all’inizio del Rinascimento, dal 1277 al 1447.
Le fortune dei Visconti iniziarono nel 1262, quando Ottone Visconti fu nominato arcivescovo di Milano.

Solo a seguito della battaglia di Desio, in cui le truppe di Ottone (ghibellini) sconfissero quelle di Napoleone Della Torre, (guelfi) ponendo fine alla dominazione dei Della Torre e all’indipendenza del comune di Milano, Ottone Visconti fece ingresso in città e si insediò.
I Visconti governarono Bergamo stabilmente dal 1331 al 1428, fino a quando arrivarono i veneziani. I milanesi imposero il controllo sulle famiglie bergamasche sedandone le controversie con il pugno di ferro e senza andare troppo per il sottile.

Con l’aiuto della fazione ghibellina, nel 1332 Azzone Visconti (1302-1339) divenne il primo Signore visconteo di Bergamo ed esercitando un potere tirannico e fiscale, perseguitò e confiscò i beni delle famiglie guelfe in modo manifesto; in questo modo la città fu teatro di ulteriori scontri tra i due movimenti.

L’autonomia legislativa di cui Bergamo aveva goduto in passato, fu revocata con l’avvento del diritto unico milanese imposto da Luchino Visconti (1292-1349), instaurando a tutti gli effetti la Signoria nella città
L’Arcivescovo Giovanni Visconti (1349-1354) ridusse ulteriormente il Consiglio degli Anziani, muovendo un ulteriore passo verso lo stato di dittatura che Alberico aveva teorizzato.
Dai documenti risulta infatti che i podestà di Bergamo erano quasi completamente composti da cittadini milanesi e componenti della famiglia Visconti.
Lo spirito guelfo che animava la campagna e le valli circostanti la città, si contrapponeva quindi ai fondamenti ghibellini del regime signorile che dominava la città, provocando forti contrasti all’interno del territorio.
Con Bernabò Visconti (1323-1385) vi fu un radicale intervento di fortificazione militare: furono costruite la Cittadella (Firma Fides), le mura e le torri difensive; furono inoltre istituiti e posti distaccamenti di soldati in ogni quartiere.
Ulteriori torri di avvistamento e avamposti furono edificati dalle singole famiglie le quali, considerato l’aspetto violento e pericoloso che aveva assunto il territorio bergamasco, vedevano in esse luoghi più facili da difendere nel caso di un attacco di qualsiasi nemico.
Questo periodo già estremamente teso fu esacerbato dalla politica fiscale eccessivamente esosa e dal prepotente atteggiamento bellico di Bernabò.
Egli dovette far fronte a diffuse ribellioni nelle valli (tra cui è da ricordare la rivolta guidata da Merino Lolmo in val Brembana) e trovò nel blocco totale delle principali vie di comunicazione, l’unica strategia per reprimere le insurrezioni.
Ma solo con la morte del figlio Ambrogio (avvenuta nei pressi di Pontida per mano della vendicativa fazione guelfa) la crudeltà e la tirannia di Bernabò fu manifesta.

Egli fece distruggere l’antico monastero di Pontida (il quale due secoli prima fu luogo del giuramento dei Comuni della Lega) e massacrare tutti gli abitanti del villaggio.
Gli anni della sua dittatura finirono nel 1385, con la cattura da parte del nipote Gian Galeazzo (1351-1402) e la prigionia nel castello di Trezzo sull’Adda.
Galeazzo lo sostituì nella carica di signore e, dopo essere stato eletto duca di Milano da parte dell’imperatore Venceslao (1361-1419), con l’obiettivo di estendere il proprio potere sull’intera Italia, si occupò del rilancio economico dei suoi possedimenti.
Alla morte di Gian Galeazzo, la dinastia viscontea proseguì con Giovanni Maria (1388-1412) il quale, nel tentativo di migliorare la situazione del territorio e risolvere le sanguinose lotte civili tra le fazioni, scelse di mantenere un atteggiamento ambiguo tra le due parti, favorendo entrambi gli schieramenti ma portando a conflitti tra guelfi e ghibellini.

Solo nel 1402 fu formalmente sancita una pace tra i due partiti che tuttavia fu bruscamente interrotta da nuove sollevazioni guelfe nella valli.
Il condottiero di ventura Pandolfo Malatesta (?-1427), dopo aver conquistato Brescia ed essere diventato governatore di Milano, riuscì a farsi riconoscere da Giovanni Maria il titolo di signore di Bergamo, ponendo tra i primi obiettivi un programma di governo in grado di ristabilire la pace interna.
Le sue origini guelfe ed il suo atteggiamento riuscirono a creare un certo equilibrio nella città grazie alla sua capacità di governo imparziale; nel 1410, un suo provvedimento tentò di favorire l’aumento demografico, rispondendo alla decimazione di guerre ed epidemie.
Pandolfo Malatesta perse prima il territorio orobico nel 1419 e i suoi possedimenti lombardi nel 1421, quando fu sconfitto da Filippo Maria Visconti (1392-1447).

Sotto Filippo Maria iniziò per Bergamo il conflitto con la Serenissima Repubblica di Venezia.

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